lunedì 28 luglio 2014

La truffa democratica in Umbria: un quadro disarmante: dossier a cura di Michele Guaitini

Michele Guaitini, tesoriere di Radicaliperugia
Dossier a cura di Michele Guaitini,

La legislazione regionale in materia di legge elettorale e di strumenti di partecipazione popolare tra cui i referendum, rappresenta in materia plastica la scarsa sensibilità istituzionale in materia dei più elementari diritti democratici dei cittadini, come dimostra anche la riottosità nel nominare figure di garanzia e di controllo (commissione di garanzia statutaria, garante dei detenuti, difensore civico, garante per l’infanzia).
Oggi abbiamo la possibilità di migliorare le cose in maniera significativa. Sta ora alla onestà e alla buona volontà dei consiglieri regionali chiudere il loro mandato quinquennale dando un deciso cambio di rotta rispetto a quanto fatto in passato.


LA LEGGE ELETTORALE REGIONALE

Nel 2002, il Consiglio d’Europa, attraverso la Commissione Europea per la democrazia attraverso il diritto, riunitasi a Venezia il 18 e 19 ottobre, ha elaborato il “Codice di buona condotta in materia elettorale”, un documento al quale dovrebbero ispirarsi le leggi elettorali dei paesi dell’Unione affinché siano garantiti i principi cardine e i diritti elementari in materia di competizione elettorale e che è stato approvato dal Parlamento Europeo nel 2003.
Tra i principi enunciati nel documento e meritevole di tutela vi è quello della “stabilità del diritto”.
“se le norme cambiano spesso, l’elettore può essere disorientato e non capirle a tal punto che potrebbe, a torto o a ragione, pensare che il diritto elettorale sia uno strumento che coloro che esercitano il potere manovrano a proprio favore, e che il voto dell’elettore non è di conseguenza l’elemento che decide il risultato dello scrutinio. La necessità di garantire la stabilità, in effetti, non riguarda tanto i principi fondamentali, la cui messa in causa formale è difficilmente immaginabile, quanto alcune norme più precise del diritto elettorale, in particolare il sistema elettorale, la composizione delle commissioni elettorali e la suddivisione delle circoscrizioni. Questi tre elementi appaiono sovente come determinanti per il risultato dello scrutinio ed è opportuno evitare, non solamente le manipolazioni in favore del partito al potere, ma anche le stesse apparenze di manipolazioni.
Ciò che è da evitare, non è tanto la modifica della modalità di scrutinio, poiché quest’ultimo può essere sempre migliorato, ma la sua revisione ripetuta o che interviene poco prima dello scrutinio (meno di un anno). Anche in assenza di volontà di manipolazione, questa apparirà in tal caso come legata ad interessi congiunturali di partito.”
Cioè, mentre in Italia si tende sempre a pensare che le leggi elettorali debbano essere cambiate in prossimità della scadenza elettorale, l’Europa ci chiede che bisogna fare l’esatto contrario. Non solo, aggiunge che “uno dei mezzi per evitare queste manipolazioni è di definire all’interno della costituzione o in un testo superiore alla legge ordinaria gli elementi più sensibili (sistema elettorale, composizione delle commissioni elettorali, circoscrizioni o norme sulla suddivisione dei collegi)”. Oppure di prevedere che in caso di cambiamento della legge elettorale, il vecchio sistema resti applicabile alla prossima elezione nel caso in cui quest’ultima avvenga nell’anno immediatamente successivo”.

In Umbria si è già incappati nell’errore di approvare la legge elettorale attualmente in vigore il 4 gennaio 2010, cioè a meno di 3 mesi dallo svolgimento delle elezioni regionali. E oggi, a distanza di 5 anni, si sta verificando la stessa situazione. Il Consiglio Regionale sta discutendo la nuova legge elettorale regionale e si appresterà ad approvarla nei prossimi mesi.
D’altra parte non sfugge che soprattutto per effetto della riduzione del numero dei consiglieri imposta per legge, una revisione si rende quasi necessaria. Ma di modifiche alla legge elettorale si parla ormai da 2 anni e proprio ad ottobre 2012 facemmo come associazione radicaliperugia.org un comunicato col quale chiedevamo al Consiglio una particolare attenzione sui tempi dell’approvazione per non arrivare a ridosso della consultazione elettorale come avvenne nel 2010. Raccomandazione caduta nel vuoto.

L’approvazione di una legge elettorale troppo a ridosso della consultazione non riguarda solamente i pericoli evidenziati dalla Commissione di Venezia su (anche solo il sospetto) di manipolazioni a favore dei partiti in quel momento al potere, ma pone pure serie pregiudiziali sui principi costituzionali di uguaglianza e sul pieno godimento dei diritti di elettorato attivo e passivo. Infatti non sapere, se non a ridosso delle elezioni, con quale sistema elettorale si andrà a votare, rende molto difficoltoso l’accesso alla consultazione per i partiti e i movimenti che intendono partecipare, soprattutto per quelli che attualmente non sono rappresentati all’interno dell’assemblea da rinnovare. E’ di tutta evidenza che un sistema a turno unico o a doppio turno condiziona fortemente la politica delle alleanze, il numero delle circoscrizioni o dei collegi influenza la composizione delle liste e così via. Potersi organizzare per tempo in tal senso è la prima condizione per una efficiente campagna elettorale, considerando anche la questione della raccolta delle firme.

Cinque anni fa in Umbria si è fatto di peggio. Oltre all’approvazione della nuova legge elettorale nell’imminenza della elezioni si sono approvate una serie di norme in materia di raccolta delle firme volte a garantire i partiti già presenti all’interno del Consiglio Regionale a scapito di quelli che ne stavano fuori. Di solito in fase di prima applicazione di una nuova legge elettorale, soprattutto se questa avviene a ridosso della consultazione, si prevede una clausola che dimezza il numero di firme necessarie proprio per ovviare alla contrazione dei tempi a disposizione per l’organizzazione delle liste. Persino il procellum di Calderoli lo aveva previsto. In Umbria no. Nella legge n. 4 del 2010 non c’è nessuna agevolazione in fase di prima applicazione. Non solo, il numero di firme minime necessarie per presentare una lista aumentò passando da 1.000 a 1.200 per la circoscrizione della provincia di Terni e da 1.750 a 2.000 per la lista della circoscrizione di Perugia e per il listino regionale. Inoltre fu stabilita l’esenzione dalla raccolta delle firme per i partiti già rappresentati all’interno del Consiglio o in una delle due Camere del Parlamento.
Il risultato fu che i partiti che non erano rappresentati in consiglio hanno conosciuto le modalità su come andavano formate le liste solo 3 mesi prima delle elezioni, hanno avuto un mese di tempo per la raccolta delle firme (perché la perversione normativa vuole anche che non potevano essere valide le firme raccolte prima dell’entrata in vigore della legge, cioè il 21 gennaio) quando di norma si hanno 180 giorni (6 mesi) di tempo e soprattutto lo hanno dovuto fare in un regime di “concorrenza sleale” con i partiti già presenti in consiglio.
Per raccogliere le firme in maniera legale infatti occorre che vengano apposte su dei moduli completi in tutte le sue parti, inclusa l’indicazione dei candidati.
E’ di tutta evidenza che mentre i partiti già in consiglio hanno potuto “chiudere” le liste la mattina stessa della loro presentazione (25 febbraio) con tutti i vantaggi che ne conseguono in termini di organizzazione, trattative, possibilità di convincere personalità di spicco, ecc., tutti gli altri hanno dovuto “chiudere” le liste un mese prima.
Il risultato fu chiaro: Alle elezioni del 2010 riuscirono a presentare la candidatura alla presidenza della regione solo i partiti che erano esentati dalla raccolta delle firme. Nessuno di quelli che aveva tale gravoso onere riuscì nell’impresa.

All’epoca, in rappresentanza della lista Bonino, chiedemmo un incontro con l’allora presidente del Consiglio Regionale Bracco per esporgli le problematiche connesse all’approvazione della nuova legge elettorale così a ridosso delle elezioni. Bracco dimostrò di non capire (o fece finta di non capire) nulla di tutto ciò, tanto che al termine dell’incontro, quasi a trattarci come questuanti che chiedevano solo un occhio di riguardo per loro stessi, disse che avrebbe valutato con i suoi uffici se c’era modo di favorire una esenzione dalla raccolta firme per la nostra lista agganciandosi in qualche modo ai parlamentari radicali eletti nelle liste del PD. Alla mia osservazione “Scusi, è tutti gli altri?” rispose candidamente “lei mi piace perché è un idealista, ma la politica si muove con altre dinamiche”… Ovviamente finì tutto con un nulla di fatto.

In vista delle elezioni del 2015 si rende dunque necessario un punto di attenzione particolare su tre aspetti: la previsione di clausole in sede di prima applicazione che rendano meno gravosa la raccolta delle firme (ad es. il dimezzamento del numero minimo necessario); la parità di trattamento tra i partiti per la raccolta delle firme (o c’è esenzione per tutti o per nessuno); l’approvazione della nuova legge elettorale nei termini più ristretti possibile perché siamo già in enorme e colpevole ritardo rispetto alle raccomandazioni contenute nel “Codice di Buona Condotta in materia elettorale”, ritardo che può portare alla presentazione di ricorsi a vari livelli come accaduto in passato.
Quanto a quest’ultimo punto, apprendiamo a mezzo stampa della volontà del Consiglio di approvare la legge entro il 30 settembre ma non possiamo che nutrire forti perplessità sul fatto che tale data sia rispettata. Ricordiamo come questo Consiglio Regionale, unitamente al precedente, non sia stato in grado di rispettare i tempi dettati dalle normative, figuriamoci cosa può accadere quando i termini sono solo intenti enunciati su base volontaria.
Alcuni esempi:
-       La Commissione di garanzia statutaria è stata istituita con legge regionale del 31 luglio 2007 e nominata la prima volta il 12 ottobre 2010;
-       Il Garante dei detenuti è stato istituito con legge regionale il 18 ottobre 2006 e nominato la prima volta l’8 aprile 2014 e solo dopo che è stato abbassato il quorum necessario dalla quarta votazione;
-       Il Garante per l’infanzia è stato istituito con legge regionale il 29 luglio 2009 e nominato il 22 gennaio 2014;
-       Il difensore civico, previsto anche dallo Statuto, è stato istituito una prima volta nel lontano 1995 e poi oggetto di profonda revisione normativa il 27 novembre 2007, non è stato mai nominato;
-       La Commissione di Garanzia Statutaria il 26 marzo 2014 ha stabilito che il punto c) dell’art. 28 c. 1 della L.R. n 14/2010 in materia di referendum è contrario allo Statuto Regionale e il Consiglio non ha ancora provveduto a riesaminarlo (vedi punto sotto).

Si rende imperativo dunque che sia la Commissione competente che il Consiglio intensifichino la loro attività, riducendo all’occorrenza il periodo di sospensione estiva e aumentando la frequenza di convocazione (il Consiglio nel corso del 2014 si è riunito appena 19 volte), per giungere ad una approvazione quanto più rapida possibile. Ce lo chiede l’Europa (cit.)…



Statuto della Regione Umbria, art. 22: La Regione riconosce il referendum quale istituto di democrazia partecipativa e ne favorisce l’utilizzazione”.
Quanti referendum abrogativi o consultivi si sono tenuti in Umbria? Nessuno. Ma non per disinteresse dei cittadini o per l’efficienza legislativa della regione. Semplicemente in Umbria è IMPOSSIBILE lo svolgimento di un referendum. Infatti la normativa vigente stabilisce che non si può svolgere un referendum regionale né in concomitanza con le elezioni regionali (e qui ci sta tutto), né in concomitanza con elezioni politiche, europee e amministrative. Cioè MAI.

Una storia che parte da lontano
Nel lontano luglio 2003 il Consiglio Regionale approvò una norma che aumentò l’emolumento dei consiglieri di circa il 23%. Nell’estate successiva sono state raccolte, autenticate e certificate 13.800 firme di cittadini umbri che proposero un referendum abrogativo di quella norma.
All’epoca era in vigore la L.R. n. 22 del 1997 che all’art. 7 c. 1 stabiliva che “Entro il 31 gennaio il Presidente della Giunta regionale indice con decreto il referendum [...] fissando la data di convocazione dei comizi elettorali in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno.” e all’art. 9 c. 1 che il referendum “è sospeso nei due mesi antecedenti e successivi alla data delle elezioni politiche, regionali o amministrative o delle consultazioni referendarie nazionali”.
La presidente Lorenzetti fissò una prima volta il referendum per il 5/06/2005, poi sospeso per la concomitanza con le elezioni regionali. Fissò una seconda volta il referendum l’11/06/2006, poi sospeso per la concomitanza con le elezioni politiche. Fissò una terza volta il referendum il 10/06/2007, poi sospeso per la concomitanza con le elezioni amministrative di Bettona, Cascia, Deruta, Monteleone di Spoleto, Todi, Valtopina, Attigliano, Narni e Parrano.
Si noti che, come facilmente intuibile, tali tipi di elezioni grazie alle quali operò la sospensione, non furono eventi improvvisi ed inaspettati, ma chiaramente conosciuti e preventivabili poiché arrivati a loro scadenza naturale. Ed è altrettanto facilmente intuibile che tutti gli anni si svolgono elezioni almeno di un tipo (in un ciclo quinquennale un anno ci sono le regionali, un anno ci sono le politiche, un anno ci sono le europee e TUTTI GLI ANNI ci sono elezioni amministrative in almeno un comune umbro così che non si può neanche “sperare” che una elezione anticipata di qualche assemblea liberi un buco disponibile per far svolgere il referendum).

Ma quella legge del 1997 prevedeva una scappatoia all’art. 9 c. 5: “Nell'ipotesi di sospensione del referendum […], il Presidente della Giunta […] può fissare la nuova data di convocazione dei comizi elettorali in una domenica compresa tra il 1 ottobre ed il 15 novembre dello stesso anno, ovvero nell'anno successivo”. Quindi la Lorenzetti avrebbe potuto esercitare la facoltà di far slittare il referendum all’autunno successivo o all’anno successivo nel periodo previsto dal comma 1 dell'art. 7 (dal 15/04 al 15/06, ndr). Che cosa ha fatto? Ha sempre scelto di spostare il referendum all’anno successivo ben sapendo dell’impossibilità di poterlo effettuare, evitando scientemente la possibilità di indirlo tra il 1° ottobre e il 15 novembre, periodo nel quale si sarebbe potuto tenere.
Alla terza sospensione nel 2007 cominciava però a montare una certa onda di protesta e fu annunciato un esposto da parte del comitato referendario contro la presidente Lorenzetti per omissioni e ritardi d’ufficio, per cui il referendum fu finalmente spostato all’11 novembre 2007.
Nel maggio 2007 però il Consiglio Regionale votò una nuova legge all’unanimità che agganciava gli emolumenti dei consiglieri non più a quello dei parlamentari nazionali ma a quello dei presidenti di sezione della Corte di Cassazione, cosa che secondo gli estensori avrebbe portato ad una diminuzione dell’8% andando così incontro alle richieste dei promotori del referendum (sic…).
La cosa carina è che per un errore formale nell’estensione della norma, poi fortunatamente corretto con una delibera del consiglio, inizialmente lo stipendio dei consiglieri subì un aumento di 20 euro, e comunque alla fine la riduzione effettiva fu di circa il 4,4%.
A questo punto il 19 giugno 2007 il Consiglio Regionale, ancora una volta all’unanimità, stabilisce che per l’intervenuta modifica legislativa della norma sottoposta a referendum, questo non ha più ragione di esistere con tanti saluti ai 13.800 firmatari e all’istituto referendario stesso.

Non finisce qui…
Il 16 febbraio 2010 il Consiglio Regionale emana una nuova norma in materia di “Disciplina degli istituti di partecipazione alle funzioni delle istituzioni regionali (iniziativa legislativa e referendaria, diritto di petizione e consultazione)”. E anche stavolta a chiacchiere si va alla grande. Subito l’articolo 1 sentenzia che “La Regione promuove la partecipazione dei cittadini, singoli ed associati, alle funzioni legislative, amministrative e di governo delle istituzioni regionali e l'esercizio del referendum quale istituto di democrazia partecipativa”.
Quindi, nei fatti, avranno trovato sicuramente un modo per ovviare ai problemi avuti in passato dal combinato disposto della vecchia norma e dei comportamenti boicottatori della presidente Lorenzetti? Neanche per sogno, anzi, la situazione è peggiorata e il referendum definitivamente defunto. A norma di legge…
La L.R. 14 del 2010 prevede 4 tipi di referendum: abrogativo, consultivo, su fusione o istituzione di nuovi comuni e sulle modifiche allo Statuto. La data di svolgimento è compresa tra il 15 aprile e il 30 giugno e viene riproposta la scellerata disciplina sulla sospensione con l’articolo 28 c. 1 che stabilisce che le operazioni e le attività connesse al referendum vengono sospese “a) nei sei mesi precedenti la scadenza del Consiglio regionale e nei sei mesi successivi alla elezione del nuovo Consiglio regionale; b) in caso di anticipato scioglimento del Consiglio regionale nel periodo intercorrente tra la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali e i sei mesi successivi all'elezione del nuovo Consiglio regionale; c) all'atto della pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali per lo svolgimento di elezioni politiche, nazionali o amministrative.”
Non solo, nella nuova disciplina è sparita la “scappatoia” di poter spostare il referendum all’autunno successivo. Quindi con la L.R. n. 14 del 2010 è stata sancita, a norma di legge (!), l’oggettiva impossibilità di poter svolgere un qualunque tipo di referendum in Umbria

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi…
All’inizio di quest’anno però succede qualcosa di imponderabile. C’è un progetto di fusione di 5 comuni dell’alto orvietano. E per poter fare la fusione, la Costituzione impone che siano sentiti i cittadini.
Ohibò… e come facciamo a sentire i cittadini in Umbria dal momento che è impossibile fare un referendum? Siccome stavolta il referendum è voluto (non solo, ma principalmente) dal PD, che si fa? Si cambia la legge. E si tenta di fare la porcata delle porcate: modificare la legge eludendo la sospensione prevista al punto c) dell’art. 28 c. 1 (concomitanza con elezioni politiche e amministrative) per i soli referendum su fusione e istituzione dei nuovi Comuni, infischiandosene di quelli abrogativi e consultivi.
Non tutti per fortuna accettano supinamente e il presidente della prima commissione Dottorini convoca una pubblica audizione aperta ai soggetti interessati alla modifica della norma. Partecipo all’audizione in rappresentanza della locale associazione radicaliperugia.org e faccio presente che l’occasione è ghiotta per porre rimedio alla truffa democratica in atto e che la sospensione del punto c) va totalmente eliminata in modo tale da poter consentire anche in Umbria lo svolgimento di referendum popolari conformemente a quanto stabilito dallo Statuto.

Giovedì 6 marzo 2014 va in scena in Consiglio Regionale la farsa. Dottorini presenta un emendamento per eliminare il punto c) dell’art. 28 c.1 e porre così fine a questo vulnus democratico e fa un accorato appello per la sua approvazione. In fase dibattimentale non interviene nessuno (il capogruppo PD Locchi non aveva nulla da dire?) e l’emendamento viene respinto con 5 soli voti a favore. Votano contro Locchi, la presidente Marini e con loro altri consiglieri che fanno parte di un partito che si dichiara “democratico”. Passa un altro emendamento di Dottorini che se non altro non fa intervenire la sospensione per i referendum consultivi. Ma per quelli abrogativi nulla, restano tuttora impossibili da svolgere. D’altronde è facile capire il perché: i referendum consultivi non vincolano giuridicamente il Consiglio Regionale che può recepire l’orientamento popolare ma può anche disattenderlo.

A questo punto restava un’ultima carta da giocare, prevista dall’articolo 82 dello Statuto. Invocare un parere della Commissione di Garanzia Statutaria sulla conformità della legge sui referendum allo Statuto. Dottorini accolse il mio invito a percorrere questa strada. Servivano 11 firme. E almeno stavolta c’è stato un sussulto d’orgoglio democratico di 11 consiglieri che meritano la citazione: Dottorini (Idv), Goracci (Misto), Cirignoni (Lega), Stufara (Rc), Brutti (Idv), Mariotti (Pd), Galanello (Pd), Nevi (Fi), Cintioli (Pd), Valentino (Fi), Monni (Ncd). Emblematico il caso del PD dove firmano solo 3 consiglieri su 13.
Quindi la palla passa alla Commissione di Garanzia Statutaria presieduta dal prof. Volpi e l’esito è scontato: il 26 marzo la Commissione stronca totalmente la sospensiva prevista al punto c) dell’art. 28 c.1 che viene dichiarato contrario allo Statuto (addirittura la Commissione sostiene che il richiamo “tout-court” a elezioni amministrative può far sì che la norma venga interpretata che il referendum viene sospeso in concomitanza con le elezioni di qualsiasi comune del territorio italiano…).
L’articolo 82 dello Statuto impone ora al Consiglio di riesaminare la norma dichiarata non conforme. Sono passati 4 mesi da allora e nulla ancora è stato fatto.

Chiediamo dunque che il Consiglio Regionale proceda senza ulteriore indugio ad approvare la semplice norma composta da un solo articolo che abroghi il punto c) dell’art. 28 c.1 della L.R. 14/2010.

I fatti sopra riportati dimostrano inequivocabilmente su questa tematica la malafede politica della massima istituzione legislativa regionale (con le lodevoli eccezioni di Dottorini, di chi ha votato il suo emendamento e in subordine di chi ha, con la propria firma, consentito di interpellare la Commissione di Garanzia Statutaria).
Perché un conto è dire che quando fu approvata quella legge nel 2010 può essere sfuggito per errore o distrazione (e può succedere) il perverso meccanismo per il quale è impossibile svolgere referendum, altra cosa è perseverare con questo mostro giuridico quando è stato fatto notare l’errore e quando si aveva la possibilità di porvi rimedio in maniera semplice e lineare.

Ora si apre quest’altra possibilità e vedremo se stavolta il Consiglio si degnerà di mettere una toppa. Con buona pace dei locchi, dei bracchi, delle marini e di quel simpatico sindaco PD di uno dei comuni orvietani oggetto di fusione che dopo il mio intervento nell’audizione di marzo in commissione, mi avvicinò apostrofandomi: “tu hai ragione ma sollevando la questione in questi termini ci stai mettendo i bastoni tra le ruote.” (!?!)

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